Assemblea straordinaria contro la violenza sulle donne, il mio intervento

Grazie Presidente.

Rivolgo un saluto e un ringraziamento a nome del Gruppo del Partito Democratico agli illustri ospiti che con la loro presenza non solo hanno onorato quest’Aula, ma soprattutto hanno portato un contributo di saperi e competenze che arricchisce la riflessione pubblica e la concreta collaborazione tra i diversi livelli dello Stato.

L’Assemblea straordinaria di oggi, infatti, costituisce un passaggio non banale del posizionamento congiunto, unitario e convinto contro la violenza sulle donne che deve coinvolgere l’intera società. Il nostro perimetro di competenza è senza dubbio l’Emilia-Romagna, ma il nostro orizzonte d’impegno va ben oltre e travalica gli stessi confini nazionali, perché la violenza maschile sulle donne è un fenomeno che strutturalmente coinvolge l’intero Pianeta.

In Italia, di media, ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo violento, siamo arrivate a 110 vittime dall’inizio dell’anno, consapevoli che l’emergenza pandemica ha aumentato e peggiorato le situazioni di segregazione tra le mura domestiche e dunque messo a ulteriore rischio la salute, l’incolumità e l’autonomia delle donne di ogni età. La violenza maschile contro le donne è una piaga sociale e culturale che attraversa i ceti, le latitudini, le categorie di reddito e istruzione, e che ancora oggi necessita di essere resa visibile e rappresentata nel modo più corretto quale fenomeno strutturale che ferisce la nostra convivenza. Parliamo di un drammatico problema pubblico che chiama in causa la responsabilità collettiva: dunque collettiva deve essere la presa in carico e pubbliche devono essere le soluzioni.

La violenza di genere (fisica, sessuale, psicologica, economica) è una delle prime cause di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni anche in Europa, dove 62 milioni di donne hanno subito violenza sessuale e/o fisica dall’età di 15 anni. Ribadiamo che il femminicidio è la punta dell’iceberg di una cultura patriarcale diffusa e di una società non paritaria dove agiscono ogni giorno disuguaglianze, discriminazioni e stereotipi; una società dove le donne portano il peso più grande del lavoro di cura e dove sono le meno pagate e le più precarie sul lavoro, in particolare le ragazze. La crisi Covid si è innestata in questo quadro, aggravandolo e andando ad approfondire i gap di genere esistenti tanto che parliamo di she-cession riferendoci ad una recessione pagata dalle donne in termini di occupazione e occupabilità.

Sottolineo che la recente approvazione della legge per la parità salariale, l’istituzione del reddito di libertà sono un passo avanti per l’autonomia e l’indipendenza economica delle donne, presupposto imprescindibile per potersi sottrarre da contesti familiari violenti, ma devono inverarsi quanto prima nella quotidianità di chi sta perdendo la speranza. Gli strumenti per contrastare stereotipi di ruolo, gabbie sociali e di possesso passano attraverso anche la condivisione delle responsabilità di cura, affinchè il divario tra uomini e donne non diventi irreversibile. E quindi sul caregiving familiare la partita è aperta per approvare la legge PD da troppo tempo ferma in Parlamento che intende riconoscere queste essenziali figure, in gran parte donne, che costituiscono la rete informale di welfare. Oggi l’Emilia-Romagna è pronta a fare la propria parte perché si è dotata di politiche strutturali, di investimenti significativi e continuativi, di una rete di soggetti istituzionali, associativi, del terzo settore, che insieme intercettano bisogni, elaborano azioni, sperimentano progettualità integrate anche in carenza di un quadro normativo nazionale di prevenzione sulle politiche di parità che rafforzi la rete di protezione, sostegno ed empowerment nell’ambito di una politica inclusiva e solidale.

Però non basta.

L’ordinamento deve superare l’attuale frammentazione in materia di pari opportunità e democrazia paritaria. Serve una legge quadro nazionale che renda organico il sistema di promozione e tutela dei diritti delle donne in ogni ambito, attuando in modo compiuto la Convenzione del Consiglio d’Europa 2011 per la prevenzione della violenza di genere e domestica.

La prevenzione è indispensabile. La prevenzione però è nulla senza la protezione di un sistema che non si chiuda in compartimenti stagni, ma assuma la sicurezza delle donne come priorità. Non si tratta di auspicare una deriva securitaria nella lotta alla violenza sulle donne, ci mancherebbe altro, si tratta però di non agire una vittimizzazione secondaria sulle donne a causa dell’inefficienza o inadeguatezza dello Stato a contenere i violenti e a proteggere le vittime, a tutti i livelli e a tutte le latitudini.

Abbiamo depositato in modo unitario una risoluzione di accompagnamento alla discussione odierna proprio per rendere le nostre parole proposte concrete che traccino una direzione nel segno del rispetto della soggettività femminile, dell’uguaglianza e dell’equità.

Per questo siamo qui.

Per fare di più e meglio, ma soprattutto per farlo insieme.

Grazie.