Di fronte al risultato delle elezioni al Partito Democratico serve responsabilità

Responsabilità. Adesso serve responsabilità e non mi riferisco alla formazione del governo. 
Il risultato del PD è stato disastroso. Ovunque. Le poche eccezioni a cui abbiamo assistito non hanno una rilevanza politica tale da indurci ad articolare diversamente questo giudizio.
Ciò detto, per correttezza d’analisi e per non correre il rischio di continuare a non comprendere quello che è successo, va detto che ogni risultato elettorale, per essere capito, va anche contestualizzato.

 
Questa tornata elettorale per il Partito Democratico era certamente in salita. Sarebbe miope non considerare quello che è accaduto fuori dai nostri confini: la Brexit, l’elezione di Trump, la sconfitta (e in alcuni casi la scomparsa) della sinistra in gran parte d’Europa e, contestualmente, l’esplosione di forze nazionaliste, xenofobe, anti europeiste che peraltro ritroviamo alla guida di diversi paesi del Vecchio Continente.
Il 4 Marzo non ha aperto un caso italiano nel contesto europeo e mondiale, ma ha solo aggiunto un tassello ad un puzzle che si stava già delineando in modo abbastanza chiaro. Possiamo considerare il contesto internazionale come una giustificazione? Assolutamente no! È piuttosto un’aggravante.

Non ci siamo resi conto di quello che stava accadendo, degli stati d’animo e delle paure delle persone, dei nostri concittadini

E se non capisci, non dai le risposte che servono.
Se il Paese è cresciuto in questi ultimi anni (e questo sarebbe ingeneroso non riconoscerlo), ma solo una parte minoritaria ne ha beneficiato, non puoi enfatizzare solamente i risultati positivi lasciando intendere che te ne freghi degli altri.
Se le persone hanno paura, in particolare nelle periferie, non puoi rispondere che è solo una percezione.
Se l’immagine della politica è scesa sotto la suola delle scarpe, non puoi fare le liste (come abbiamo fatto) con candidati paracadutati dall’alto, in alcuni casi discutibili, senza una selezione o un confronto con gli elettori del territorio.
Non abbiamo capito o non abbiamo voluto capire. TUTTI. Soffro nel sentire analisi che puntano il dito solo sul segretario e non considerano alcuna responsabilità propria. Le responsabilità di Renzi ci sono, avremo modo di confrontarci anche su queste, anche se io ne vedo una su tutte: non essersi dimesso dopo il referendum costituzionale. L’immagine del combattente coraggioso, disponibile a sfidare l’establishment, in quel momento si è disintegrata lasciando spazio a quella del solito politico che non molla mai la poltrona. Lì, ancor più della sconfitta referendaria, è iniziata la china che ci ha portato al risultato di domenica scorsa.
Però, lo ribadisco, quando si perde le responsabilità vanno distribuite come in una piramide, chi è in cima certamente ne ha più degli altri, ma non le ha tutte.
Se partiamo da qui e non dalla fretta di cercare un posizionamento verso il nuovo leader, dall’ansia di trovare il modo per uscirne indenni, o quello per affossare un concorrente, siamo già sulla strada giusta. L’analisi del risultato che ne uscirà sarà certamente migliore.
Il 4 Marzo è successo qualcosa di decisivo, non solo a Roma, anche a Ferrara, dove ci siamo fatti scivolare addosso le sconfitte di Cento, Comacchio, Terre del Reno e Tresigallo senza la giusta autocritica.

Se qualcuno pensa che tra qualche mese tutto si sistemerà e si potranno affrontare le amministrative del 2019 come se nulla fosse, con gli organigrammi blindati e discussi in circoli ristretti, non avremo appreso nulla dalla lezione di queste elezioni politiche

Siamo di fronte ad un cambio di paradigma politico. Non ci sono più zoccoli o barriere ideologiche che ci possano mettere al riparo dalla sconfitta. Le aspettative personali, le ambizioni, le battaglie di potere devono lasciare spazio all’esigenza principale che abbiamo adesso: rigenerare questo partito e rimetterlo in gioco. Si può fare se ci mettiamo in discussione, se riprendiamo ad ascoltare le persone, se riprendiamo a fare politica allargando lo sguardo.
Non abbiamo bisogno di risse o di vendette, ma neanche di auto assoluzioni. Serve una discussione vera, il coraggio di cambiare e grande senso di responsabilità da parte di ognuno di noi.
Mi aspetto un congresso aperto che, da un lato, cerchi le chiavi di lettura per capire come è cambiato il mondo, come è cambiato il lavoro, come sono cambiate le esigenze e le aspettative delle persone; dall’altro, trovi risposte che escano dai recinti identitari del Novecento (Destra-sinistra, capitale-lavoro, etc) e forse avrebbe davvero senso farlo a tutti i livelli.
Sul governo rispettiamo l’esito del voto: il M5S e la Lega hanno ottenuto più voti, trovino una soluzione per il governo del Paese senza di noi.